Renato Guttuso, nasce a Bagheria, in Sicilia, il 26 Dicembre 1911 (ma sua madre lo denuncia all’anagrafe il 2 Gennaio del 1912).
Della sua infanzia Guttuso stesso scrive.. “tra gli acquarelli di mio padre, lo studio di Domenico Quattrociocchi, e la bottega del pittore di carri Emilio Murdolo prendeva forma la mia strada avevo sei, sette, dieci anni…”. Nel 1928 partecipa alla sua prima mostra collettiva a Palermo, ma ormai da quando aveva 13 anni firma i suoi quadri dipinti su tavolette di legno delle quali utilizza le venature del legno come elemento decorativo. Dai primi quadri Renato Guttuso, fondamentalmente verista e naturalista, insegue un’esecuzione prettamente figurativa di temi ancorati al mondo contadino, rurale, popolare: temi sociali o soggetti dichiaratamente politici.
Mentre frequenta il liceo a Palermo passa il tempo libero nella bottega del futurista Pippo Rizzo, sfruttando l’opportunità di allargare la sua visione della pittura, avvicinandosi al movimento futurista ed al plasticismo di “Novecento”.
Lo stile di Renato Guttuso si stacca dal modello pittorico paterno per approdare, già alla fine degli anni Venti, ad una forma pittorica brillante e luminosa, con tonalità aspre e contrastanti. Nel 1930 si iscrive alla facoltà di legge, che abbandona dopo il successo ottenuto alla I Quadriennale di Roma. Nel 1937 si trasferisce a Roma, dove conosce la sua futura moglie Mimise, e stringe legami d’amicizia con gli artisti della “scuola romana”. Guttuso diventa il portavoce più eloquente di una giovane generazione di artisti che avevano sviluppato una crescente avversione per la politica e le mode culturali del regime fascista già negli anni prima della guerra. I giovani artisti esprimevano sui giornali e attraversi le loro opere, le opinioni sulla libertà creativa e sull’imperativo morale del realismo. Parallelamente illustra i suoi ideali in una serie di opere di grandi dimensioni, a partire da “Esecuzione in campagna” del 1938-39, dedicata a Federico Garcia Lorca, “Fuga dall’Etna” del 1940 e “Crocifissione” del 1941.
Nel 1940 s’iscrisse al Partito Comunista d’Italia clandestino. In seguitò disegnò il simbolo del rinato Partito Comunista Italiano, utilizzato fino al suo scioglimento nel 1991, e collaborò con la rivista Il Calendario del Popolo. Nel1943 lasciò Roma per motivi politici rifugiandosi a Quarto (Genova), in casa di amici, ritornando nella capitale l’anno dopo per partecipare alla Resistenza. L’artista non cessò mai di lavorare in anni difficili come quelli della guerra e alternava, specie nelle nature morte, gli oggetti delle case umili della sua terra, a squarci di paesaggio del golfo di Palermo a una collezione di disegni intitolata Massacri, che circolarono clandestinamente, dato che ritraevano le repressioni naziste, come quello dedicato all’eccidio delle Fosse Ardeatine. Costante in Guttuso la ricerca di un’ideale fusione tra impegno politico e sociale ed esperienza creativa, nella convinzione che l’arte debba svolgere per sua natura anche una funzione civile e debba essere dotata di una precisa valenza morale.
Protagonisti della mostra “L’arte contro la barbarie”, organizzata da “L’Unità”, espone i disegni sulle atrocità della guerra, pubblicati nell’album “Gott mit Uns – Dio è con noi”, motto inciso sulle fibbie dei soldati tedeschi, del 1945. Nei febbrili anni del dopoguerra, partecipa alla discussione ideologica fra pittori figurativi ed astratti. In vari articoli su “Vie Nuove”, “L’Unità” e “Rinascita”, Renato Guttuso si batte a favore di un realismo descrittivo che considera popolare e accessibile alle masse e segue stilisticamente il primo periodo di Pablo Picasso, quello cosiddetto “Blu”.
Pur non potendo negare le affinità con il realismo socialista sovietico, Guttuso sostiene che la propria ideologia artistica scaturisce da convinzioni profondamente sentite e non imposta da alcun sistema politico. Durante gli anni Cinquanta il pittore è l’esponente principale di una corrente “realista”, politicamente impegnata a fianco del P.C.I. spesso polemicamente in lotta con le tendenze “formaliste” di molta arte astratta.
Il dopoguerra e il matrimonio
Conobbe e sposò quella che sarà la sua fedele compagna e confidente Mimise, che ritrasse nel 47. Già all’indomani della Liberazione un anelito di speranza tornò ad alitare nella pittura del maestro, come nel quadro Pausa dal lavoro, china e acquerello nel 1945, quasi un simbolo della rinascita di cui Pier Paolo Pasolini ha scritto (1962):
Le figure di dieci operai
emergono bianche sui mattoni bianchi
il mezzogiorno è d’estate.
Ma le carni umiliate
fanno ombra: e lo scomposto ordine
dei bianchi è fedelmente seguito
dai neri. Il mezzogiorno è di pace.
Guttuso, che non tradirà mai la sua personale “campagna di idee”, esegue lavori che propongono realisticamente la situazione europea. Nel 1968, si reca a Parigi dove ritrae i giovani nelle prime marce di protesta in quello che diverrà nel tempo il leggendario “maggio francese”.
La figura femminile divenne dominante nella pittura come lo fu nella vita privata. Importante è la serie di dipinti in cui ritrasse Marta Marzotto, musa ispiratrice e modella prediletta per lunghi anni. Dal 1969 vive stabilmente a Roma, nella famosa via Margutta, la strada dei pittori, con la sua compagna Marta Marzotto, la splendida contessa ex mondina e modella. E’ il periodo intimo dell’artista che inizia una serie di quadri prettamente autobiografici.
Spesso lo spirito polemico affiora prepotente in Guttuso raggiungendo la punta massima con la grande tela “I funerali di Togliatti” del 1972, opera manifesto dell’antifascismo. Guttuso è un pittore che nonostante appartenga ad un’epoca pieno di mutamenti, sociali e culturali, vivendoli da protagonista, non cambia il proprio stile figurativo, rimanendo sempre il pittore illuminato dalla sua terra.
Negli anni della maturità, Guttuso, continua a dipingere grandi affreschi di eventi contemporanei, spesso con toni marcatamente allegorici, immagini di ispirazione autobiografica e contadina, politicamente connotate.
Tra gli artisti italiani più noti all’estero, Guttuso ha ottenuto numerose mostre prestigiose, fra cui una retrospettiva al Museo Puskin di Mosca ed all’Ermitage di Leningrado. Ha insegnato pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma ed è stato Visiting Professor alla Hochschule fur Bildende Kunste di Amburgo.
Il dipinto che gli diede la fama, fra mille polemiche da parte anche del clero e del fascio, poiché sotto il soggetto sacro denunziava gli orrori della guerra, fu La Crocifissione (1940). Di esso Guttuso ha scritto nel suo Diario che è “…il simbolo di tutti coloro che subiscono oltraggio, carcere, supplizio per le loro idee” con il quale al Premio Bergamo siglava la sua nuova stagione.
Nei primi anni settanta, Guttuso con l’opera raffigurante un gruppo di deportati politici, ci mette davanti alla responsabilità italiana nel fenomeno della deportazione e dello sterminio.
nel 1972 dipinse I funerali di Togliatti, che diverrà opera-manifesto della pittura comunista e antifascista del secondo dopoguerra. In essa sono raffigurate, in maniera allegorica (molti erano già morti all’epoca dei funerali di Palmiro Togliatti nel 1964) varie figure del comunismo, positive e negative, a comporre un’ideale rappresentazione dell’immaginario collettivo comunista del XX secolo, tra operai, bandiere rosse e la salma di Togliatti. Nel quadro si vedono, ad esempio, oltre all’autore stesso, Marx, Engels, Trotsky, Elio Vittorini, Angela Davis, Stalin, Lenin (raffigurato diverse volte), Sartre, Simone de Beauvoir, Pier Paolo Pasolini e altri.
Del 1974 è invece il celebre dipinto dedicato alla Vucciria di Palermo.
L’esperienza politica
Il simbolo del PCI, disegnato da Renato Guttuso su incarico del partito.
Alle elezioni politiche del 20 giugno 1976 fu eletto al Senato della Repubblica per il PCI nel collegio di Sciacca, raccogliendo 29.897 preferenze.
Fu confermato alle elezioni politiche del 3 giugno 1979 al Senato della Repubblica per il PCI nel collegio di Lucera, raccogliendo 29.418 preferenze.
Nel 1977 Guttuso dona, con atto pubblico, al Centro Studi e Archivio della Comunicazione di Parma la sua opera La partenza del vapore di Napoli (1966), conservata nel Fondo a lui dedicato, pubblico e interamente consultabile. A questa prima opera, nel 1982 si aggiunge al Fondo CSAC Natura morta con tavola (1947).
Nel 1980 dedicò un acquerello alla strage di Bologna, dal titolo Il sonno della ragione genera mostri, come l’omonima acquaforte di Goya.
Nominato senatore della Repubblica nel 1976, Guttuso si spense in isolamento, dopo la morte della moglie a Roma il 18 Gennaio 1987.L’allora arcivescovo Fiorenzo Angelini, suo amico personale, subito dopo il decesso riferì in un’intervista della religiosità del pittore e della sua assistenza spirituale. Resta il fatto che ne vennero celebrati due funerali: uno, laico e di partito, con un seguito di bandiere rosse del PCI, e uno religioso.Alla morte donò alla città natale, Bagheria, molte opere che sono state raccolte nel locale museo di Villa Cattolica dove egli stesso venne sepolto. La sua tomba è opera dello scultore Giacomo Manzù.