Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 – Roma, 2 novembre 1975) è stato un poeta, scrittore, regista, sceneggiatore, drammaturgo, giornalista e filosofo italiano, considerato tra i più grandi artisti e intellettuali del XX secolo. Culturalmente versatile, si distinse in numerosi campi, lasciando contributi anche come pittore, filosofo, romanziere, linguista, traduttore e saggista.
Attento osservatore dei cambiamenti della società italiana dal secondo dopoguerra sino alla metà degli anni settanta nonché figura a tratti controversa, suscitò spesso forti polemiche e accesi dibattiti per la radicalità dei suoi giudizi, assai critici nei riguardi delle abitudini borghesi e della nascente società dei consumi, come anche nei confronti del Sessantotto e dei suoi protagonisti. Il suo rapporto con la propria omosessualità fu al centro del suo personaggio pubblico.
Quell’ultima notte, quella manciata di ore tra la cena con Ninetto Diavoli e la morte sulla via dell’Idroscalo, quel lasso di tempo nel quale è avvolto il mistero della uccisione di Pier Paolo Pasolini, tra il 1° e il 2 novembre del 1975, ha ispirato film (Marco Tullio Giordana, Abel Ferrara, David Grieco), riempito libri e articoli e naturalmente è stato al centro di inchieste e di fascicoli di tribunale. Eppure a 45 anni dalla morte del regista e poeta, ora che anche l’unico mai accusato formalmente del suo assassinio, quel Pino Pelosi detto la Rana che all’epoca dei fatti aveva 17 anni, è morto quello che è veramente accaduto rimane ancora confuso e frammentario. È arrivato il momento per fare chiarezza. Lo sostiene il legale della famiglia Stefano Maccioni che, con riferimento a tracce del dna diverse da quelle di Pelosi, dice: “Sono trascorsi 45 anni dal delitto ma abbiamo delle prove che possono resistere anche al trascorrere del tempo. Oggi sappiamo che Pier Paolo Pasolini non venne ucciso soltanto o forse nemmeno da Pino Pelosi, cioè da colui che la Giustizia aveva indicato come l’unico responsabile dell’omicidio. È necessario quindi sgombrare il campo dai tanti dubbi che ancora gravano su questa complessa e tragica vicenda”.
Alla Bandiera Rossa
Per chi conosce solo il tuo colore, bandiera rossa,
tu devi realmente esistere, perché lui esista:
chi era coperto di croste è coperto di piaghe,
il bracciante diventa mendicante,
il napoletano calabrese, il calabrese africano,
l’analfabeta una bufala o un cane.
Chi conosceva appena il tuo colore, bandiera rossa,
sta per non conoscerti più, neanche coi sensi:
tu che già vanti tante glorie borghesi e operaie,
ridiventa straccio, e il più povero ti sventoli.
Da: La religione del mio tempo, 1961
Supplica a mia madre
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…